martedì 21 giugno 2011

E questo è solo l’inizio

Il primo giro di giostra è finito e in tanti non vorrebbero scendere, ancora carichi di adrenalina. Solida e drammatica introduzione alle trame e alle atmosfere del mondo creato da Martin, sporco e brutale come il Medioevo cui è ispirato, questa prima stagione di Game of Thrones si è chiusa con un intenso crescendo, culminante in una delle scene più attese dai fan. Un’attesa non delusa, che non fa che confermare l’alto livello della produzione targata HBO. Tolti i pochissimi elementi magici, simbolicamente antitetici – i White Walkers venuti dal freddo in apertura e i draghi nati dal fuoco nel finale – rimane il crudo realismo di una saga nella quale neanche il più classico dei protagonisti è al sicuro. Strepitoso il cast, con Peter Dinklage e Michelle Fairley una spanna sopra tutti senza però scordarsi di Sean Bean e Maise Williams, e di notevoli seconde file del calibro di Iain Glein e Jerome Flynn.
Continuare su questo livello non sarà semplice, soprattutto a causa delle spese destinate a crescere – i draghi, i meta-lupi che crescono, le battaglie – ma l’ottimo lavoro fatto finora lascia ben sperare.

giovedì 2 giugno 2011

Quando la leggerezza si inceppa

Lascia l’amaro in bocca questa raccolta di racconti di Schmitt. Ci si chiede dove sia finita quella grande capacità – di cui l’autore francese aveva dato ampia prova in altre occasioni – di rovistare a fondo nell’animo dei propri personaggi fino a portare a galla la complessità, e al tempo stesso la semplicità, dei loro sentimenti.
La scrittura di Schmitt è pulita e scorrevole, d’accordo, e alcuni racconti sono interessanti.”Carini”, verrebbe da dire. È sullo stile, però, che casca l’asino. Invece di far trasparire gli stati d’animo dei personaggi attraverso quei dialoghi serrati e intensi che sa scrivere, l’autore francese decide di spiegare per filo e per segno cosa avviene nella loro testa. Il tono si fa didascalico, troppo esplicito e per niente allusivo, e le situazioni diventano prevedibili, a volte fastidiosamente caricaturali. Stupisce poi che proprio il racconto che dà il titolo al libro, e che nasce dal film che l’autore ha diretto, sia il più banale di tutti.
Un libro leggibile, insomma, senza aspettarsi troppo, per poi dimenticarlo in fretta.