Temevo la banalità, non tanto della storia quanto dei personaggi. Inoltre ho sempre più l'impressione che quella del "giovane emergente" sia una nuova categoria da spremere per bene, indipendentemente dalla qualità letteraria.
Poi però l'incontro di due solitudini raccontato da Paolo Giordano mi ha pian piano coinvolto e mi ha fatto piacere constatare che il bellissimo titolo non era lì solo per essere accattivante ma aveva un suo riflesso nella svolgersi della trama e al suo ondeggiare intorno agli avvicinamenti e agli allontanamenti di Alice e Mattia. Il merito di Giordano è quello di riuscire a rendere credibili i due protagonisti evitando che si trasformino in stereotipi - il genio asociale, la sfigatina zoppa - bidimensionali. Peccato però che l'operazione riesca soltanto su di loro; sullo sfondo delle loro vicende, infatti, si muove una folla di personaggi che faticano a trovare un loro spessore, macchiette poco caratterizzate utili solo a riflettere pregi e difetti dei protagonisti.
Giordano scrive con uno stile discontinuo, a volte se ne esce con immagini dirette ed efficaci, altre si siede su una semplicità un pò troppo insipida, quasi una rinuncia.
In definitiva, parlare di "brillante esordio letterario", di "nuovo talento della letteratura italiana", di "strabiliante opera prima" mi pare decisamente troppo. La solitudine dei numeri primi è un libro discreto, con tante imperfezioni e semplificazioni, piacevole da leggere ma tutt'altro che memorabile.
Greylines
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