Quello post-apocalittico è uno scenario affascinante ma dopo Mad Max, Hokuto no Ken e Terminator diventa difficile non ripetersi. E allora? E allora buttiamoci dentro i draghi. Questo ha pensato Rob Bowman, regista de Il regno del fuoco. Ma se ci sono migliaia di draghi come mai i protagonisti li incontrano sempre uno per volta? E come mai la figa di turno se ne va in giro con l’elicottero senza che nessun mostro alato l’abbia ancora abbattuta? E dove la trova tutta quella benzina? Queste e altre leggerezze certo non facilitano quella “sospensione dell’incredulità” su cui un film del genere si basa ma vengono però messe in disparte da una narrazione ritmata e scorrevole. Efficace l’ambientazione, dominata dal grigio cenere e dal rosso fuoco, ben fatti i draghi e azzeccati i due carismatici protagonisti; Bale interpreta con mestiere l’umano e prudente capo comunità inglese mentre McConaughey molla i panni da fighetto e presta cranio rasato, muscoli tatuati e occhi spiritati all’avventato e spietato cacciatore americano. A completare questo film concreto e piacevole c’è uno scontro finale rapido ma non frettoloso e la messa al bando di certe sviolinate gratuite e sbavature retoriche.
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