Fu nel maggio del 1942 che si sentì parlare per la
prima volta della Fondazione. In quella data, infatti, la rivista di
fantascienza americana Astounding
Science-Fiction pubblicava un racconto intitolato proprio Fondazione, firmato da un certo Isaac
Asimov. Ne seguirono altri, sette per la precisione, che insieme a un ottavo
mai uscito sulla rivista furono raccolti in tre libri – Fondazione (1951), Fondazione
e Impero (1952) e Seconda Fondazione
(1953) – che divennero rapidamente una pietra miliare della fantascienza.

La storia narrata nella trilogia si dipana su un
arco temporale di poco meno di 400 anni, seguendo le vicende che ruotano
intorno al crollo dell’Impero Galattico e al periodo di decadenza che ne
deriva. Una colossale crisi che però era stata prevista da qualcuno; si tratta
di Hari Seldon, il massimo esperto di una disciplina scientifica nota come
psicostoriografia, che consente di analizzare matematicamente le variabili
politiche, sociali ed economiche al punto da poterle addirittura predire.
Sapendo che nessun governante prenderà sul serio le sue previsioni, Seldon
inizia a predisporre delle contromisure per fronteggiare l’imminente disastro.
Lo scienziato sa benissimo di non poter fermare il crollo dell’Impero ma è
convinto di poter ridurre la successiva barbarie salvaguardando il sapere
scientifico. A questo scopo, istituisce due Fondazioni, poste ai due estremi
della Galassia. Saranno proprio queste due Fondazioni le vere protagoniste
della trilogia; soprattutto la prima, poiché l’esistenza della seconda rimane
un mistero per gran parte della storia.
Già solo leggendo la trama si capisce come la
fantascienza di Asimov fosse, in un certo senso, fuori dagli schemi: invece di
parlare di alieni e viaggi nell’ignoto, che ai tempi andavano per la maggiore,
lo scrittore americano di origini russe preferì raccontare vicende politiche e
sociali, in buona parte caratterizzate da una certa verosimiglianza
scientifica. Non bisogna infatti dimenticare che Asimov era laureato in chimica
ed eccelleva nella divulgazione, ambito per il quale addirittura abbandonò quasi
completamente la narrativa fra il 1960 e il 1970. Un particolare, questo, di
cui è importante tenere conto quando si valuta il suo stile, estremamente
asciutto e lineare, a volte fin troppo. Asimov voleva soprattutto farsi capire.
Poco interessato all’azione, preferiva dare spazio alla storia, in un fluire di
eventi e personaggi che però, di tanto in tanto, risulta essere troppo rapido. Ciò
è soprattutto vero nel primo libro, che racconta l’espansione della Prima
Fondazione, dove l’evidente natura a puntate del romanzo fa sì che
l’avvicendarsi dei suoi primi eroi e delle loro vicende non sempre dia tempo al
lettore di affezionarsi ad alcuni di essi. Nei due libri successivi lo scorrere
della narrazione rallenta, consentendo un maggiore approfondimento. Non a caso,
alcuno dei personaggi più interessanti – come Bayta, il Mule, Pritcher, Arcady
– entrano in scena a partire da qui. Ciò non toglie che la maggior attenzione che
Asimov dedica allo scorrere degli eventi contribuisca a dare l’idea del grande
macchinario della Storia, che avanza lungo un percorso sul quale i singoli
individui hanno spesso poca occasione di intervenire.
Questo percorso è stato però previsto da Seldon,
seppure in maniera probabilistica, il che l’ha portato a elaborare un piano che
consentisse alle Fondazioni di sopravvivere agli inevitabili scossoni cui la
Storia le sottoporrà. L’invenzione della psicostoriografia si rivela una delle
intuizioni più felici di Asimov, che tira fuori dal cilindro un potente spunto
narrativo in grado di combinare la solidità e la credibilità di un approccio
scientifico rigoroso con l’elemento profetico che richiama l’epica della
mitologia. Non a caso, nel corso della storia, la scienza della Fondazione
arriverà a essere percepita come una forza sovrannaturale e i suoi studiosi
come temibili maghi, da parte degli abitanti di altri pianeti, travolti da una
decadenza non solo politica ed economica ma anche culturale e scientifica. Come
non sorridere di fronte all’immagine dei tecnici della Fondazione, venerati
come sacerdoti e, in quanto tali, unici detentori dei segreti dell’energia
atomica? Questo artificio consente ad Asimov di muoversi su più binari
narrativi, innestando elementi di generi diversi – poliziesco, spy story,
thriller politico, avventura e addirittura romanzo distopico – sulla struttura
di un classico della sci-fi come la space opera.

Ma la psicostoriografia, per quanto basata su
rigorose formule matematiche, ha ovviamente i suoi limiti. Per esempio,
funziona solo quando applicata a popolazioni umane estremamente numerose.
Inoltre, la stragrande maggioranza di queste popolazioni deve essere all’oscuro
delle sue predizioni. Ma soprattutto, essa non può prevedere il comportamento
dei singoli individui. Un problema ben spiegato da Bayta Darell, eroina del
secondo libro: “Le leggi della storia sono assolute come quelle della fisica, e
se in essa le probabilità di errore sono maggiori, è solo perché la storia ha a
che fare con gli esseri umani che sono assai meno numerosi degli atomi, ed è
per questa ragione che le variazioni individuali hanno un maggior valore.” È
proprio nel secondo libro che il pericolo rappresentato dalle variazioni
individuali si scatena: compare infatti sulla scena il Mule, un mutante dotato
di grandi poteri, in grado di controllare l’emotività delle persone. Di fronte
a un singolo caso così eccezionale, il Piano Seldon rischia di sfaldarsi.
Difficile non vedere, nell’ascesa del Mule, la rappresentazione del dittatore
che affascina le masse e stravolge il corso della storia; i capitoli dedicati
al gerarca mutante furono pubblicati come racconti nel 1945.

Per frenare lo strapotere del Mule dovrà entrare
in campo la Seconda Fondazione, fino a quel momento rimasta nell’ombra. A essa
è dedicato il terzo libro della trilogia, dove si assiste a un deciso cambio
nei toni e nelle atmosfere; la Seconda Fondazione, infatti, non è in grado di
imporsi grazie alla superiorità scientifico-industriale come la Prima, ma si è
concentrata sullo sviluppo della psicologia e delle arti del controllo mentale.
Grazie al suo intervento il Mule viene fermato ma ciò suscita l’attenzione
della Prima Fondazione, la cui consapevolezza dell’esistenza della gemella,
sperduta chissà dove nella Galassia, diventa un problema per il Piano Seldon.
Lo scontro fra le due Fondazioni, con la Prima desiderosa di liberarsi
dell’onnipresente influenza della Seconda, è gestito da Asimov come una serrata
partita a scacchi, immersa in un clima di paranoia e sospetto dove nessuno è
più davvero sicuro non solo delle intenzioni di chi ha vicino, ma neanche delle
proprie. La visione positivista della storia di Asimov rivela così le sue zone
d’ombra, poiché il prezzo da pagare per la salvaguardia del Piano Seldon è la
limitazione della libertà individuale.
La Trilogia della Fondazione è dunque un
eccellente esempio di letteratura nella quale l’intrattenimento si sposa con
affascinanti speculazioni sociologiche e tecnologiche. Asimov sa catturare il
lettore con diversi espedienti narrativi, principalmente colpi di scena,
caratteristici di molta letteratura di evasione, ma sa anche lasciar trasparire
profonde riflessioni sul ruolo della scienza nella società senza mai diventare
didascalico. Sebbene criticato per uno stile considerato letterariamente
scarno, Asimov rientra in quella categoria di scrittori che, con asciutta
semplicità, ha saputo creare storie dotate di più piani di lettura, in grado al
tempo stesso di intrattenere e di far riflettere.
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