martedì 22 giugno 2010

Sangue e crisantemi

Nello sfarzoso e coloratissimo palazzo si consuma il dramma della famiglia imperiale, chiusa in una rete di riti e tradizioni immutabili e al tempo stessa percorsa da contrasti, tradimenti e passioni che sfoceranno nell’inevitabile carneficina. Alla fine, rimossi i cadaveri e lavato via il sangue, migliaia di crisantemi torneranno a ricoprire i cortili del palazzo. Non a caso il titolo originale è The curse of the golden flower.
Se in Hero Zhang Yimou aveva celebrato la grandezza dell’eroe che accetta di sottomettersi a un sovrano duro ma giusto, ne La Città proibita il regista cinese racconta invece la ferocia del tiranno, disposto a tutto pur di mantenere integro il proprio potere e le tradizioni su cui esso si fonda. Centrale anche in questo caso la figura dell’Imperatore, non più saggio e visionario ma crudele e spietato, non più l’Unificatore ma il Despota. Diverso anche lo stile narrativo, meno poetico e più crudo, meno ricercato e più lineare mentre i combattimenti acrobatici in stile wuxiapan sono meno frequenti e ben gestiti. Ottimo il cast, eccezionale la fotografia.

martedì 15 giugno 2010

Preoccuparsi del futuro è utile quanto masticare un chewing gum per risolvere un’equazione matematica

Prendi due grandi attori, sbattili in una stanza insieme ad un giovane che reciti la parte dell’ingenuo e falli parlare di vendite, matrimoni, Gesù, lubrificanti industriali e senso della vita per un’ora e mezza. Et voilà, The Big Kahuna. Nella modesta suite di un albergo si confrontano e si scontrano tre diversi caratteri, tre diverse esperienze di vita, lungo un percorso di crescita e maturazione personali con sfumature beckettiane. Kevin Spacey, anche produttore, si trova un ruolo che gli consente di gigioneggiare con classe; accanto a lui c’è un Danny DeVito misurato, malinconico e bravissimo mentre lo sconosciuto Peter Facinelli riesce a non farsi fagocitare dai due mostri. Si parla tanto e non succede niente in questo film teatrale, che non sempre sta al passo delle proprie ambizioni ma che risulta comunque piacevole.

martedì 8 giugno 2010

Figliolo, sono il capitano Jack Sparrow, comprendi?

Orgogliosamente ritto in cima all’albero di una barca che affonda, con le sue treccine, i suoi occhi cerchiati e la sua cialtronesca spavalderia. Così Capitan Jack Sparrow fa il suo ingresso nell’immaginario cinematografico. The curse of the Black Pearl è forse il miglior film d’avventura dai tempi di Indiana Jones e gran parte del merito va alla straordinaria interpretazione di Johnny Depp. La sua grande prova non deve però far dimenticare che anche il resto del film è di ottimo livello: c’è un degno avversario, Barbossa, interpretato da un bravissimo Geoffrey Rush, c’è una regia dinamica, un’ottima colonna sonora, effetti speciali che arricchiscono la storia senza soffocarla, dialoghi brillanti e indovinati colpi di scena. Un mix grazie al quale Verbinsky e Bruckheimer rivitalizzano il genere piratesco in chiave pop-rock.
Intrattenimento di alta qualità, il cui unico difetto è, forse, l’essere un po’ lunghetto.

lunedì 7 giugno 2010

L’omicidio ha un significato e una forma, ma non ha soluzione

Alla storia romanzata di Jack lo Squartatore, ispirata alla più accreditata delle sue tante versioni, si sovrappone l’affresco crudo e dettagliato della Londra vittoriana alla fine del XIX secolo. Una Londra la cui ricchezza di storia e di simboli costituisce un terzo, potente livello di lettura e, al tempo stesso, la base della visionaria follia di William Gull, autodefinitosi precursore del XX secolo. Nella brillante appendice finale affiora infine un quarto livello, che parte dalle innumerevoli ricostruzioni dei delitti di Whitechapel per arrivare all’essenza stessa della figura dell’omicida e di ciò che lui e il suo mito rappresentano.
From hell è insomma un’opera ambiziosa e profonda, i cui toni cupi sono splendidamente illustrati dallo stilizzato bianco e nero di Eddie Campbell. Alan Moore si compiace nel mostrare la propria erudizione e certe volte risulta un po’ troppo prolisso ma glielo si perdona, visto che il risultato è un capolavoro drammatico, storico, ironico e visionario.
Fondamentali le note, che aiutano a riordinare e interpretare i tanti dettagli di cui è ricco il testo.

venerdì 4 giugno 2010

Metti dei nani davanti a una cinepresa. Canteranno ‘ehihò’

In Stelle cadenti Terry Pratchett ci parla di realtà, delle sue sfumature e delle idee folli che di tanto in tanto vi si insinuano. Tutto ha inizio quando gli alchimisti del Mondo Disco inventano il cinematografo e vanno ad usarlo a Holy Wood, luogo dal passato pericoloso e dimenticato. Su questa base l’autore inglese costruisce una spassosa avventura, arricchita da una galleria di assurdi personaggi – splendidi gli animali parlanti, soprattutto Gaspode – e culminante in un epico finale che richiama, a parti invertite, la scalata di King Kong al grattacielo.
Pur lanciando parecchie sarcastiche frecciate sul mondo del cinema (o meglio, dell’industria del cinema), Pratchett preferisce puntare più sulla parodia che sulla satira, giocando con gli stereotipi hollywodiani con lo stesso humor intelligente e mai volgare con cui per anni ha giocato con gli stereotipi del fantasy.
Risate assicurate.

QUI TROVATE LA VERSIONE APPROFONDITA (ATLANTIDEZINE)

giovedì 3 giugno 2010

A quanto pare, tutti vanno a letto con tutti

Diciamolo, i Coen hanno fatto film migliori. Detto questo, Burn after reading è tutt’altro che brutto: l’idea non è male, l’intreccio, nonostante una partenza non troppo brillante, è ben gestito e non mancano un paio di grandi trovate*. Il cast, poi, è pregevole, non solo perché ricco di pezzi da novanta ma perché questi pezzi da novanta si dimostrano motivati: su tutti Malkovich col suo ex-spione rabbioso e alcolista, Pitt col suo palestrato imbecille, Clooney perfettamente calato nei panni di un cialtrone erotomane e paranoico e la McDormand ben scelta per interpretare una maniaca della chirurgia plastica. Insomma, gli ingredienti ci sono tutti; quel che manca è l’amalgama, il tocco dello chef di classe, quel “non so che” che fa la differenza. Nella girandola di tradimenti e inganni che han messo in piedi, i fratelli del Minnesota finiscono con il perdere un po’ la bussola, confezionando così un film che per molti registi sarebbe notevole ma che per loro è soltanto discreto.

*: quella della poltrona di Clooney è strepitosa.

martedì 1 giugno 2010

Anche i bamboccioni crescono

Giovane rocker 35enne in crisi con le proprie ambizioni decide di tornare a casa dopo quattro anni. Qui ritrova il fratello esaurito, la sorella che ha mollato l’università ed è cronicamente priva di fidanzato, la madre ai corsi di meditazione, il padre che gioca a golf e l’impresa di famiglia sull’orlo della bancarotta.
Ennesimo ritratto generazionale in salsa italiana, Non pensarci è una commedia leggera con venature di malinconia, che scorre via come acqua fresca, senza far danni ma senza neanche lasciare troppo il segno. Benché penalizzato da una sceneggiatura interessante solo a sprazzi e da una narrazione non sempre appassionata, Zanasi riesce comunque a raccontare la semplicità della vita di provincia senza scadere nel banale. Bene Mastandrea e Battiston, bella la Caprioli, c’è anche Caterina Murino che ha una particina e dispensa sorrisi e scollature.
Simpatico.