domenica 30 novembre 2008

Max Payne

Stiamo parlando di un film tratto da un videogioco quindi non è il caso di aspettarsi chissà cosa. In questi casi di solito gli autori si accontentano di attirare i gamers appassionati più tutte quelle persone che accettano di andare al cinema a vedere un film non troppo solido ma ricco di azione e discretamente pubblicizzato.
La mia speranza non era quindi di vedere un capolavoro ma perlomeno di passarmi due discrete ore al cinema e in questo Max Payne ha fatto centro solo in parte: partendo da uno spunto poco originale - lo stesso del videogioco: famiglia massacrata, caso irrisolto, solitudine e vendetta - la storia si svolge con un ritmo tutto a frenate e accelerazioni, con grandi rivelazioni, peraltro facilmente intuibili, risolte in pochi minuti e accenni di psicologia spicciola che lasciano il tempo che trovano. Elementi di entrambi i videogiochi sono stati mischiati insieme senza però che la trama ne risulti arricchita: ecco quindi la droga Valchiria e la Aesir Corporation, Mona Sax e il finale sul tetto del palazzo. Come sempre il passaggio dal gioco al film lascia vuoti tutti quelli spazi, narrativi e di azione, che di solito vengono riempiti dall'interazione del giocatore.
E il "bullet time"? C'è, ma poco. Per fortuna, aggungerei, vista l'overdose di sparatorie al rallentatore che, da Matrix in poi, ogni film d'azione si sente in dovere di rifilarci.
Ok, finite le critiche passiamo a quello che c'è da salvare. Innanzitutto la fotografia, grazie alla quale gli appassionati del videogioco riescono a ritrovare quelle atmosfere con le quali avevano convissuto mentre guidavano il baldo Max in cerca della sua vendetta: case semiabbandonate, magazzini cupi, strade tetre dove l'oscurità contrasta con il biancore dell'onnipresente neve. Ci sarebbe poi la questione degli "angeli", la cui visione nei trailer mi aveva fatto sudare freddo ("e questi che cazzo c'entrano?") ma che in fondo non sono poi fuori luogo. Altro punto in più per il protagonista, un Mark Whalberg cui è mancato solo il ghigno cinico adatto per essere un perfetto detective Payne.
Insomma, quella che poteva essere una buona occasione si è risolta in una stiracchiata sufficienza, aggravata dalla frase finale che il vero Max Payne non avrebbe pronunciato.

Greylines

PS: se pensate che Olga Kurylenko sia una bomba date un'occhiata alla "sorella" Mona Sax, al secolo Mila Kunis...

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