Tavolini, scacchi neri e bianchi, telecamere fisse. Equivoci, ipocrisie, invidie. Nomi sbagliati, appuntamenti imminenti, relazioni sfuggenti e affrettate. E, ovviamente, caffè e sigarette. Con questi elementi e con un cast meraviglioso Jim Jarmusch confeziona un piccolo gioiello da cineteca.
Fra un incipit luminoso e frenetico e una finale lento, buio e malinconico c’è tutto un succedersi di micro-episodi più o meno surreali – geniale quello con GZA, RZA e Bill ‘inculafantasmi’ Murray – molto teatrali e accomunati da una costante tensione, declinata in sfumature sempre diverse.
Si rimane rapiti, nella continua attesa di un qualcosa che non arriva, finché, alla fine, non resta che brindare alla vita.
Per i fan di Jarmusch: occhio alle autocitazioni.
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